Si parla di sicurezza dei dati e la maggior parte delle persone sbadiglia.
“Lo sappiamo che i social network raccolgono i nostri dati per tartassarci di pubblicità, il punto è: non ci interessa più di tanto”
Questo è quello che probabilmente pensano in tanti.
Rinunciare ai social network non è qualcosa di accettabile. punto.
Ma scandali come quello di Cambridge Analytica spingono le persone a rivalutare le proprie posizioni.
In pillole:
Facebook, attraverso un’applicazione chiamata “thisisyourdigitallife”, raccoglieva dati dei propri utenti e permessi ad eccedervi. Il suo scopo era produrre una profilazione psicologica di essi, basandosi sulle attività, i mi piace ecc. Anche solo effettuando il login all’applicazione, consentivi ai suoi produttori di accedere ai tuoi dati.
L’applicazione, creato questo enorme archivio di dati (si parla di qualcosa come 50 milioni di profili), ha poi condiviso le informazioni con la compagnia inglese Cambridge Analytica, quella nell’occhio del ciclone. Il suo CEO Alexander Nix è stato sospeso, mentre il proprietario del gruppo Strategic Communication Laboratories (Scl), Robert Mercer, a cui appartiene Cambridge Analytica dovrà rispondere dello scandalo.
Questi soggetti hanno utilizzato Facebook per condividere informazioni con terzi, pratica non legittimata dal regolamento del social network (ecco il nodo del problema). Secondo la talpa che ha sollevato lo scandalo, Chris Wylie, tra i “beneficiari” di questo enorme archivio dati vi sono Steve Bannon e di conseguenza Trump.
Perché? Perché i dati raccolti hanno aiutato Bannon a condurre la campagna elettorale che ha portato alla vittoria di Trump. Puntando alle debolezze delle persone, quella campagna elettorale ha sfruttato fake news per manipolare le menti degli elettori.
Falla o no? Facebook ha subito un colpo durissimo: crollo in borsa, miliardi di dollari persi, credibilità sotto le scarpe.Ma i suoi dirigenti continuano a dire che non ci sono state falle nel sistema. Era consentita la raccolta dati, non la condivisione con terzi (ma allora il problema è solo della società che quei dati li ha venduti o condivisi). Ma è davvero così giusto che Facebook permetta di archiviare così tanti dati?
Una campagna politica sporca, quella tra Donald Trump e Hillary Clinton. Fatta di colpi bassi e fake news. Ha vinto la destra americana, ma ad oggi continuano ad emergere informazioni che delineano un quadro ancora più marcio.
Manipolare le emozioni: questo è alla base di un determinato tipo di marketing. Ma finché si lavora in questi termini, è legittimo. Quando si influenza un voto attraverso questi sistemi, qualcuno deve risponderne.
La Russia è implicata? A quanto pare sì: Michael Flynn, ex consigliere alla sicurezza nazionale americana aveva legami con la Russia. Flynn, inoltre, ebbe un ruolo come consigliere in una società legata all’analisi dei dati. Indovinate di che azienda stiamo parlando? Proprio Cambridge Analytica. Potrebbe essere una coincidenza. Lça russia potrebbe non essere coinvolta. Ma il dubbio è più che legittimo.
Parliamo solo delle elezioni americane? In realtà c’è chi cita la Brexit, le elezioni francesi con l’avanzata della Le Pen, ma anche le recenti elezioni italiane. Non è compito nostro capire se e come sono stati questi metodi.
In Europa abbiamo leggi più solide in campo privacy e l’arrivo del GDPR tutelerà ancora di più i navigatori del web (e non solo). Ma è importante sapere che bisogna imparare ad usare questi strumenti, per non rischiare di cadere in trappole (a volte anche abbastanza scontate).
Facebook sopravvivrà? Probabilmente sì. È un colosso che ha ricevuto tante batoste, ma può rimettersi in piedi, magari imparando qualche lezione da questa storia.
Insomma: la privacy è qualcosa di estremamente importante e, al giorno d’oggi, sempre più compromessa.
Dobbiamo valutare i nostri dati tanto quanto queste aziende che fanno così tanto per ottenerli.
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